Riflessione sulla sofferenza nell’Antico Testamento parte 2
A cura di Di Don Francesco Leone
ALLEANZA
La fedeltà al Signore, frutto della giusta e corretta risposta all’alleanza, è, prima di tutto, causa di benessere: Dt 8, 18-20, ma la sua dimenticanza dovuta al peccato attira a sé la maledizione: Dt 28, 5-68.
Il Signore, che dona l’alleanza e ad essa è fedele, viene anche visto come salvatore/medico: Es 15, 26 mette insieme la salute fisica e spirituale. L’aiuto di Dio nel deserto era anche di tipo materiale. Il ritorno all’alleanza del peccatore si configura, inoltre, anche come un recuperare la salute fisica.
Il rapporto conversione/guarigione è presente, ad esempio, in Os 6, 1-3; 11, 1ss; 14, 4-9.
Così Geremia invita il popolo alla conversione: Ger 3, 22; 30, 12-13.17. Anche in Isaia il Signore offre guarigione: Is 57, 16-19.
Si trovano poi interventi di guarigione ancora nei profeti Elia ed Eliseo (1Re 17, 17-24; 2Re 4, 8-37; 2Re 5) Isaia (2Re 20, 7) e con Tobia (Tb 6, 9; 9, 4-12).
Per i profeti esilici (Geremia, Ezechiele, Deutero-Isaia) il fallimento di Israele, con tutto il dolore conseguente, è dovuto all’infedeltà all’alleanza, ma Dio interverrà attraverso una creazione nuova in una sorta di grande guarigione.
In questa prospettiva si inizia anche a cogliere un valore positivo nella sofferenza che porta l’uomo a comprendere la propria reale situazione e a reagire con la conversione. Più ancora la sofferenza del giusto diventa qui salvezza e redenzione (Is 42, 1-8; 49, 1-9; 50, 4-9; 52,13-53,12). Essa da maledetta si fa redentrice.
Anche Mosè soffre per il suo popolo e non entra nella terra promessa: Dt 9, 9.25; Sl 106, 23. La sofferenza di Geremia ha valore redentivo.
Questa riflessione è presenta anche in una prospettiva escatologica. Sofferenza e morte saranno superate: Os 14, si annuncia una alleanza eterna per una vita piena: Is 55, 1-3; una grande convocazione sul monte Sion: Is 24-27; le lacrime asciugate e la morte sconfitta: Is 25, 7-8; una nuova creazione: Is 65, 19b-20.
Non ci indurre in tentazione
Si intende non lasciare che siamo indotti in tentazione, dove qui la tentazione va intesa come quella suprema, cioè il rifiuto di Cristo salvatore crocifisso e risorto.
Tuttavia nell’Esodo è stato il Signore a rendere duro il cuore del faraone (Es 7, 3-14.22) il tentativo di uccidere Davide è suggerito a Saul da uno spirito cattivo (1Sam 18, 10) il censimento di Davide è ispirato dal Signore stesso (2Sam 24, 1).
Giobbe si lamenta con Dio che lo fa soffrire (Gb 16, 11-22) anche il salmista esprime il suo lamento (Sal. 44[43] 18.21), eppure Dio dà la forza per vincere la tentazione (1Cor 10, 13) e non tenta nessuno (Gc 1, 13).
Eppure Isaia rende ribelle il popolo perché non ascolti (Is 6, 10) e in Is 45, 6-7 Dio afferma addirittura: “faccio il bene e creo il male”.
Si tratta di un linguaggio teso ad affermare l’assoluta sovranità di Dio che si estende su tutto, perfino sul male commesso dagli uomini e sulla tentazione.
In ogni caso l’Antico Testamento assume sofferenza e morte nella prospettiva di Dio che ama, guarisce ed è vicino con chi soffre. Dio si prende cura di Israele, del suo popolo.
Dio è il creatore che annuncia una nuova creazione, il futuro non è nelle povere forze umane, ma nella potenza di Jahvè.
Ma le cose non stanno solo così. Nell’Antico Testamento è anche presente un forte filone di protesta per il male/dolore/morte. È la condizione del giusto che soffre senza colpa.