Riflessione sulla sofferenza nel Nuovo Testamento parte 2

Guarigioni Apostoli

A cura di Di Don Francesco Leone

La chiesa e la predilezione per i malati e i sofferenti

La prassi della chiesa si pone in continuità con questa attenzione di Gesù, ne è testimonianza la vita concreta della prima comunità cristiana.

L’attività degli apostoli comprendeva infatti l’unzione dei malati e la liberazione dal maligno: Mc 6, 12; Mt 10, 7-8; Lc 9, 1-2.6.

Dopo la resurrezione Pietro e Paolo compiono guarigioni e resurrezioni: Atti 9, 36-42; 20, 7-12.

Questa attività taumaturgica è così forte da essere in contrapposizione a quelle di maghi ed indovini che vengono condannati: Simon mago (Atti 8, 9-24), Elimas (Atti 13, 6-12), la ragazza indovina (Atti 16, 16-24), i figli di Sceva (Atti 19, 11-20).

Ai Corinti Paolo parla anche di carismi di guarigione (1Cor 12, 9-10).

L’unzione dei malati è attestata fin dalle origini della vita della chiesa (Gc 5 14-15) quale intervento medicinale oltre che atto religioso. L’uso terapeutico dell’olio era del resto ben conosciuto nell’antichità (corroborante, lassativo, vermifugo, contro il veleno, cicatrizzante).

ASPETTO TEOLOGICO

Il male è un tema che chiede rispetto e discrezione, esso è accompagnato dalla sofferenza e dal dolore che ogni risposta teorica fatica ad alleviare.

Di questo male non può essere attribuita la responsabilità a Dio, Dio del bene, ma esso assume a volte connotati tanto drammatici da non poter essere attribuito, nella sua totalità, neppure all’uomo.

L’uomo è colpevole di tanto male, vi sono strutture ingiuste che egli ha creato e che sono continuamente fonte di sofferenza, tuttavia la gravità di troppe situazioni fa pensare ad un mysterium iniquitatis oggi all’opera contro l’uomo stesso.

IL MALE NELLA NATURA

È il tema del male cosmico, cioè del male presente nella natura che non dipende dall’agire umano.

Esso si presenta spesso come un qualcosa di necessario: è la sofferenza/morte del singolo per il bene della specie, a volte delle specie stesse sono scomparse per dare spazio ad altre.

Ciò rimanda ad una ipotesi finalistica, ipotesi che si rifà ad una logica interpretativa che legge in tal modo i dati scientifici offerti dalla ricerca.

Per Teilhard de Chardin (1881-1955) l’universo si sviluppa in forme relazionali/coscienze via via più complesse, fino a giungere al punto Omega conclusivo.

I principio antropico vede nelle costanti dell’universo il segno di un disegno finalizzato alla nascita e alla vita dell’uomo/osservatore.

In questo processo evolutivo la natura segue le proprie leggi e sconta la propria limitatezza negli errori e nei blocchi che sono l’origine del male cosmico. Perciò la natura è limitata, ma non è cattiva.

Paolo in Rm 8, 19-22 parla di doglie del parto per indicare questa sofferenza dell’universo, passaggio necessario per giungere al momento definitivo della vita, alla gloria escatologica per tutti.

C’è così un limite strutturale della natura, un suo peccato originale naturale.

Tale male cosmico è anche espressione di una kenosi che caratterizza l’opera creatrice di Dio (Moltmann) e che lascia spazio all’uomo per operare nella realizzazione del progetto, con tutti i rischi che questo comporta.

L’impegno etico dell’uomo si colloca a questo punto e si configura soprattutto nella biblica salvaguardia del creato (Gn 2, 15) e nell’impegno perché la casa dell’umanità sia sempre più abitabile.

Biologia evoluzionistica e male del cosmo

L’impostazione evoluzionistica di Darwin (selezione naturale, meccanismi casuali) induce il sospetto che la natura proceda in modo disordinato e senza senso.

La condizione miserevole dell’uomo che la Scrittura motiva con il peccato, in realtà riguarderebbe la natura tutta in tutte le sue forme: l’evoluzione biologica si basa su dolore e morte che sono come la “stoffa dell’universo”, e questo prima ancora che l’uomo appaia sulla terra.

Predazione e parassitismo ci sono sempre stati, con l’uomo in più vi è solo la consapevolezza cosciente di tutto ciò.

Crea sconcerto il fatto che nella logica della natura l’individuo non conti niente, mentre ciò che conta è solo la specie o la popolazione.

Nel quadro delle interpretazioni scientifiche l’ipotesi del caso sta ormai perdendo terreno, gli eccessi darwiniani vanno scomparendo. Per la scienza non c’è tanto la sopravvivenza del più adatto, saremmo sempre nella logica individuale, quanto piuttosto la sopravvivenza di una popolazione costituita di tanti individui diversi.

Ma una natura in cui l’individuo non conta mette in difficoltà l’immagine biblica del Dio creatore.

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