Lo Sportello di Ascolto si propone come un luogo riservato nel quale trovare attenzione ed accoglienza per riflettere e cercare soluzioni nei momenti difficili in qualsiasi settore della propria vita che esso sia legato ad un malessere fisico, psicologico o spirituale.

 
 

Per Approfondire … Per Conoscenza

Le società del nuovo millennio si caratterizzano per uno scenario in cui le dinamiche della complessità si coniugano con quelle della profonda interrelazione che rende contemporanei, su tutto il pianeta, gli effetti di quello che avviene in ogni sua parte. Questo mondo interconnesso, che riduce i suoi spazi e abbrevia i suoi tempi, ha generato un processo di globalizzazione, (economica, culturale, ecc) che, con i suoi punti forti, ma soprattutto con i suoi punti deboli, scontrandosi con i localismi nazionali, ha portato all’ambivalenza del mondo e all’impossibilità di poter ricondurre le azioni e gli atteggiamenti degli uomini e delle donne a modelli precostituiti e a valori comuni e condivisi; alla caduta dei miti (ragione e scienza intesi come beni supremi, scienza e tecnica come presupposto di progresso), che ha generato la perdita dell’orientamento e della guida di un modello culturale e valoriale forte (sono incerti il concetto di bene e di male, quello che è il vero e il non vero); a flussi migratori che hanno determinato realtà sociali con al proprio interno una notevole diversità di soggetti caratterizzati da differenze di varia natura come quelle ideologica, religiosa, etnica. Differenze queste ultime che insieme a quelle di genere (legate alla specificità uomo-donna), individuali (biologiche, psicologiche, di relazione, di deficit o di iperdotazione) e sociali, (legate a situazioni di precarietà economica e di sottosviluppo) ci consegnano società, e quella italiana ne fa parte, che fanno fatica ad offrire a tutti gli uomini un eguale godimento dei diritti, un’identità stabile e la possibilità di un pieno sviluppo della personalità e del pensiero.

Non c’è da meravigliarsi, dunque, se in uno scenario così in movimento molti soggetti, adulti e non, come molte ricerche sociologiche, psicologiche e pedagogiche evidenziano, si siano sentiti esclusi e quindi siano stati colti da profondo disagio esistenziale.

Disagio che gli adulti (genitori, educatori, insegnanti) manifestano a livello personale, con azioni cariche di incertezze, paura, sensi di colpa e insicurezza nella scelta dei valori e degli atteggiamenti da assumere, a livello di vita collettiva, con la mancanza d’accordo sulle norme fondamentali e sulla gerarchia di beni che sia da tutti condivisa (tolleranza, solidarietà, ecc). Sono adulti questi che, formati per un mondo che era stato prospettato loro in un modo, si sono trovati a doverne affrontare un altro che non solo non riconoscono, perdendone conseguentemente controllo e padronanza, ma a cui spesso reagiscono in modo irrazionale.

Disagio invece che i bambini, i fanciulli, gli adolescenti manifestano a livello personale, aggredendo se stessi (ansia, depressione, anoressia, bulimia, suicidi, ecc), a livello di vita collettiva, o aggredendo gli altri (omicidi, bullismo, violenza) o legandosi più all’apparire che all’essere delle persone (alimentazione, moda, tempo libero, ecc) evocando così il soggetto- massa contro il soggetto- persona.

Il problema disagio pertanto è oggi sicuramente tra quelli più carichi di motivazioni di ricerca in quanto, come sentimento di malessere esistenziale, sembra colpire, in un modo o in un altro, tutti i soggetti. Per questo pur continuando ad accostarlo a situazioni di devianza, delinquenza e marginalità caratterizzate dalla presenza di un reato e, quindi, a interventi quasi sempre intesi a rispondere alla logica dell’urgenza e dell’emergenza, va accostato anche a quella categoria di comportamenti, quali le morti del sabato sera, i tentativi di suicidio dei ragazzi adolescenti, ecc … che pur non caratterizzandosi per la presenza di una azione punibile penalmente, sono il segno di un malessere indubbio che richiede maggiore attenzione preventiva.

La pedagogia, in quanto scienza da sempre attenta sia alla promozione sia allo sviluppo della personalità del singolo, sia alle questioni attinenti il rapporto tra il singolo e se stesso, tra il singolo e gli altri, il mondo e il suo ambiente, in quanto scienza che riflette sull’educazione e progetta l’azione educativa, non solo non poteva restare indifferente di fronte alle condizioni di sofferenza, alle ragioni di disagio e di emarginazione, alle difficoltà sociali, alle barriere psicologiche e materiali, espresse così chiaramente dai vari soggetti,impegnandosi pertanto a fronteggiarle con interventi di recupero, ma, per le sue specifiche finalità preventive, doveva necessariamente andare oltre tali manifestazioni per coglierne l’origine e ,quindi, sollecitare procedure educative primarie adeguate a prevenirle.

Questo Progetto nasce con l’intento di offrire a tutti, educatori e non, l’opportunità di riflettere insieme su che cosa sia veramente il disagio, sul perché e su come esso si manifesta, su chi sono i soggetti a disagio, su che cosa produce in loro tale stato. Questo con l’obiettivo di far assumere alla pedagogia del disagio un punto di vista “alto” dal quale, con la distanza necessaria per osservare il problema nella sua complessità, essa possa meglio mettere a fuoco i diversi aspetti della realtà “disagio”, le manifestazioni che lo caratterizzano e formulare ipotesi d’intervento educativo. Tutto ciò senza avere l’illusione di possedere o trovare a tale problema spiegazioni che siano durature o esenti da critiche, ma con l’obiettivo di comprendere e renderlo più intelligibile , per evitare commenti rassegnati di fronte a situazioni di devianza, delinquenza e per imparare, in un’ottica di ricerca e sviluppo, a fronteggiarlo senza riduzionismi o preconcetti.

La necessità poi, avvertita in questo lavoro, di considerare l’influenza che il suddetto scenario sociale può generare sul problema disagio scaturisce dalla considerazione che la pedagogia del disagio ha dovuto aggiungere alle responsabilità e compiti propri della pedagogia generale anche quelli, non solo di guidare l’uomo a convivere con la precarietà, la diversità, la molteplicità delle esperienze e delle conoscenze ed a sapersi muovere in contesti reticolari, ma, anche, di sostenerlo ed indirizzarlo verso la ricerca di “ equilibri” personali e sociali nuovi e flessibili per affrontare e superare le diverse e difficili situazioni esistenziali che tale scenario in continuo movimento può generare.

Una pedagogia, quella del disagio, impegnata a:

>>> leggere lo scenario socio esistenziale nel modo più ampio possibile,

>>> rilevare ed interpretare connessioni tra cause ed effetti,

>>> ipotizzare e progettare percorsi formativi in grado di andare oltre l’esistente e di innescare dinamiche esistenziali migliorative attraverso l’elaborazione interpretativa della vita personale e sociale dei soggetti, quindi dei suoi significati, dei suoi limiti, delle sue possibilità,

>>> aiutare i soggetti o i gruppi a diventare protagonisti del proprio processo di crescita e quindi anche di quello trasformativo della propria realtà, facendo leva sui diritti e i doveri che spettano ad ognuno,

>>> aiutare i soggetti o i gruppi a non perdere mai la fiducia in sé e negli altri.

Una pedagogia che, pur partendo dal riconoscere che un intervento educativo dipende sicuramente dall’intreccio relazionale che si crea tra le dimensioni che ne caratterizzano l’evento e cioè:

il contesto etico, socio-culturale, politico,
l’educando ( singolo o gruppo che sia),
i contenuti di una trasmissione culturale che si sono realmente intesi trasmettere con maggiore o minore rigidità,
gli strumenti che hanno condizionato o favorito tale trasmissione,
la società (genitori, insegnanti, educatori, ecc),

dirige la sua attenzione su quelli che sono i veri protagonisti e cioè le persone presenti nell’intervento facendo leva sul potenziale umano che ognuno di loro custodisce e quindi sull’identità, sull’insieme delle risorse che ciascuno possiede perché possa farsi manifesto a se stesso scoprendosi e conquistandosi ma, anche, aprendosi al dialogo, all’incontro, al cambiamento, alla complessità.

Una pedagogia del disagio che trova le ragioni della propria azione nella complessità dello scenario socio-esistenziale ma, senza farsi intimorire dall’irruenza delle situazioni disturbanti, mira a far leva sui soggetti perché imparino a superarle e a gestirle. Una pedagogia del disagio, ovvero una teoria su come curare per educare e/o su come educare curando. Una pedagogia però sempre aperta e problematica, disponibile a continue integrazioni e revisioni.

Far riflettere ogni soggetto tra ciò che può significare vivere come soggetto – persona piuttosto che come soggetto-massa è il nodo ermeneutico attraverso cui questo lavoro nella prospettiva personalistica legge l’esistente, rivede, coglie e attribuisce significato e senso ai termini del problema .

E’ questo il filo di Arianna attraverso cui il Progetto vuole intervenire, in una società in cui i caratteri dominanti sembrano essere: provvisorietà, reversibilità, presentismo, perdita di centro, molteplicità di appartenenze deboli, domanda di soggettività, per affrontare le problematiche relative al disagio:

>>> ripercorre, le recenti rivisitazioni teoriche del concetto di adulto, di infanzia e di adolescenza per sottolinearne gli aspetti che ne ridefiniscono le identità a cui oggi ogni processo educativo deve indirizzare le sue intenzionalità,

>>> risemantizza il concetto di cultura alla luce dei nuovi scenari sociali e culturali caricandolo di una connotazione semantica profonda e cioè quell’aver cura dell’altro e di sé, che porta a specificare la formazione come bildung, come cura educativa che, al di là dei saperi che essa veicola, la rende dimensione prettamente umana,

>>> riflette su ciò che caratterizza il singolo come persona in relazione, e quindi sugli aspetti che ne qualificano l’eticità esistenziale: responsabilità, libertà-autorità, solidarietà,

>>> analizza il disagio nelle sue varie espressioni (disadattamento, devianza, diversità) che si caratterizzano come modi attraverso cui i soggetti sentendosi deboli nell’affrontare la complessità esistenziale, gridano il loro essere in difficoltà,

>>> quindi propone una pedagogia del disagio che, cogliendo tali grida, nel rispetto dei tempi, dei luoghi e delle età, nel rispetto delle identità e dei ruoli educativi di ogni soggetto-persona, recuperando il valore conoscitivo della razionalità pratica, ovvero la disposizione ad agire bene secondo esperienza, sostiene, consiglia, aiuta, direziona l’azione educativa degli adulti (genitori, insegnanti ed educatori) verso una nuova alleanza educativa con i bambini, i fanciulli, i preadolescenti e gli adolescenti.

Una nuova alleanza educativa per:

o imparare a dialogare;

o fronteggiare la complessità;

o affermare identità e differenze;

o selezionare e scegliere le novità;

o riappropriarsi del senso;

o combattere disagi;

o organizzare percorsi educativi idonei.

Una nuova alleanza educativa per imparare insieme a gestire il presente e trovare le procedure per proiettarsi verso il futuro. Per imparare insieme a gestire il disagio nel rispetto delle diversità.

Poiché la domanda educativa, in genere, nasce da tre dimensioni presenti nel soggetto e cioè quella affettiva, quella cognitiva e quella volitiva, sono queste le dimensioni che interagendo tra di loro generano, sul piano dei comportamenti, dell’interiorizzazione, dei valori, dello sviluppo della propria identità, attribuzioni di senso o meno alla propria esistenza ed esperienza.

Per questo è importante che l’educatore (insegnante, genitore, educatore tout court) avvii la sua azione soltanto dopo aver considerato la dimensione della domanda educativa, intesa soprattutto come distanza tra quanto desiderabile perseguire durante il cammino educativo e quanto si riscontra nell’impatto con la condizione personale e sociale effettiva degli educandi. E’ importante però che egli sia cosciente che normalmente non si trova impegnato ad affrontare situazioni e prospettive formative partendo da zero, ma è chiamato a inserirsi in un contesto, in una trama esistenziale, in una biografia cognitiva, affettiva e relazionale che è portatrice di una storia di difficoltà e di incertezze, trama in cui egli si deve inserire partecipando e facendo partecipare il singolo per cercare di trovare insieme a lui strategie percorribili.

A supporto di quanto appena detto, sono presentate storie di formazione e proposte di interventi educativi realizzati in specifici contesti (scuola, famiglia, centri di recupero) che, rispondendo a domande educative di diversa origine di disagio, offrono importanti suggerimenti per la reimpostazione teorica e pratica delle “normali” procedure educative.